Marzo 2023
Michelangelo Pistoletto
La Venere degli stracci, 1967
cemento ricoperto di mica, stracci
cm 150 x 280 x 100
collocazione:
Castello di Rivoli Museo d´Arte Contemporanea – Galleria Civica d´Arte Moderna e Contemporanea di Torino
proprietà:
Fondazione CRT
La Venere degli stracci
Venere, armonia della bellezza. Considerata da sempre l’ideale della grazia e della bellezza femminile, Venere è anche la dea simbolo della forza dell’eros, capace di infondere il desiderio in ogni creatura e di catturare, incantandolo, l’osservatore. Ma qui la dea non si mostra. Anzi, volta le spalle e nega la sua bellezza; si nasconde allo sguardo e sceglie di immergersi nel cumulo di stracci e di abiti addossati alla parete.
Protagonista dell’Arte Povera, orientamento artistico degli anni ’60 che inneggia alla libertà, alla creazione svincolata da ogni imposizione in cui non è importante la forma ma il contenuto, Michelangelo Pistoletto irrompe nel panorama dell’arte italiana con La Venere degli stracci, una delle sue più note e irriverenti installazioni.
L’arte di Pistoletto è caratterizzata da una sperimentazione incessante che supera tecnica e stile a favore di un intervento che punta all’integrazione dell’osservatore con lo spazio, con il tempo e con la realtà dell’opera: gli oggetti presenti, infatti, non assurgono al ruolo di sculture – come dice lui stesso “non rappresentano, sono”- ma diventano protagonisti di un evento dal sapore teatrale in cui fondamentale è il coinvolgimento dello spettatore.
La pedissequa riproduzione della Venere con mela dell’artista neoclassico Bertel Thorvaldsen del 1805, esalta il confronto stridente tra la rappresentazione classica e ordinata di bellezza e il mucchio disordinato di oggetti non di valore, stracci e abiti appunto, con la chiara volontà di avvicinare la tradizione classica dell’arte al contesto sociale contemporaneo. L’utilizzo di materiali poveri non canonici, ripresi dagli utensili di uso quotidiano indica il disinteresse a realizzare opere tradizionali in favore di un’attività artistica che sia al servizio di un linguaggio comune, comprensibile a tutti. Ogni straccio e abito rimanda a una persona, al vissuto di qualcuno, alla concretezza della realtà in una correlazione tra quotidiano e apparenza che coinvolge nel medesimo istante ambiente e pubblico.
D’altra parte è nella natura primaria di un’istallazione fare dello spettatore il principale fruitore: l’autenticità degli oggetti e dei materiali utilizzati, infatti, ne esaltano il dialogo immaginario. Venere perde la autorevole frontalità e il prestigio della fattura (è un calco di statua in cemento simile a quelle di arredo dei giardini) e invita l’osservatore a concentrarsi sullo stridente connubio, fra l’ordine e il caos, tra il bianco e il colorato, tra la classicità e la modernità. Così, la bellezza ideale si contrappone alla concretezza del quotidiano in un percorso che vede lo straccio rinascere con la Venere, per essere forma e colore fino a farsi opera. La “povertà del quotidiano”, dunque, diventa arte, un’esperienza artistica a disposizione di tutti. Non è forse questa la vera bellezza?