
Aurelio Amendola
Alberto Burri, Morra, La combustione, 1976
Tecnica
stampa da diapositiva
Collocazione
Castello di Rivoli Museo d´Arte Contemporanea, Torino
Proprietà
Fondazione CRT
Il gesto di Burri
Come si misura il talento di un artista? Forse dalla potenza di un’opera d’arte, dalla capacità che essa ha di comunicare e dalla sapienza del suo racconto. In un’opera il soggetto, la tecnica e la poetica non sono mai separabili e ognuno è funzionale all’altro. La forma diventa contenuto.
Dopo la seconda guerra mondiale, il vuoto che assale l’uomo moderno e la convinzione della sua solitudine di fronte alla morte influiscono radicalmente sul linguaggio dell’arte. Cambiano gli strumenti e i modi: l’artista sviluppa attraverso il segno o il gesto un nuovo rapporto con l’opera d’arte, sperimentando materiali originali spesso ripresi dalla quotidianità. L’opera è un’entità dotata di una vita organica propria, da vivere a sua volta nel profondo.
Per Alberto Burri (1915-1995) esistere coincide con il fare artistico e viceversa: nei Sacchi, nelle Plastiche e nelle Combustioni, il gesto fa parte dell’opera e la rende viva; il gesto evidenzia il carattere sacro e assoluto dell’oggetto e ne esalta il suo potenziale comunicativo. Dopo la guerra mutano i codici espressivi. Utilizzando il fuoco, attraverso la combustione, l’artista attiva un’arte al di fuori delle nozioni tradizionali di forma, spazio e estetica. La fiamma crea forti chiaroscuri, va dal nero intenso dove la materia è stata maggiormente bruciata, al chiarore del vuoto lasciato dalla fiamma; sulla pellicola trasparente, essa imprime buchi, grinze e strappi, sono lacerazioni violente, profonde e potenti come lesioni. Sono le ferite dei soldati che riaffiorano dai ricordi della sua prigionia nel campo di concentramento in Texas. Burri ha riguardo per quelle ferite e sviluppa un’azione riparatrice e cura, al fine di raggiungere una nuova bellezza della forma. Ecco, nel gesto dell’artista sta il suo talento.