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Pietro Annigoni
Solitudine II
1968

tempera grassa su tela

collocazione: Villa Bardini, Museo Annigoni, Firenze
proprietà: Fondazione CR Firenze

 

 

Solitudine II di Pietro Annigoni

Il dipinto fa parte della trilogia delle “Solitudini dipinte da Pietro Annigoni tra il 1963 e il 1973. Questa è del 1968. La trilogia è pensata e realizzata dall’artista all’apice della sua carriera e interpreta, negli anni centrali del Novecento, un’epoca di grandi contraddizioni per la vita politica e sociale internazionale, tra le tensioni dovute alla Guerra fredda,  le crisi delle società occidentali rispetto ai modelli dello sviluppo economico e le contestazioni giovanili. Sembra che il mondo sia destinato a un tracollo dei valori tradizionali, sull’orlo di un nuovo conflitto, stavolta nucleare.

Solitudine II rappresenta, da questo punto di vista, il momento di non ritorno in cui l’umanità, simboleggiata dalle figure che si vedono nella composizione, tenta una fuga disperata dal peggior incubo: la deflagrazione atomica che si irradia nel cielo sullo sfondo, destinata a cambiare per sempre le condizioni ambientali del pianeta. Un incubo che affligge anche il nostro tempo, così com’è nel pieno della crisi climatica e dell’emergenza ambientale. Una situazione che sfugge al controllo, visti anche i disastrosi eventi atmosferici, che sembra arrivata a un punto di non ritorno, di cui, forse, non se ne parla abbastanza.

Nel dipinto, lo scenario è di terrificante desertificazione. Un forte bagliore sullo sfondo di un paesaggio vuoto e desolato. Alcuni ruderi e un uomo che fugge. Altre figure ammantate in primo piano si dileguano impaurite e soggiogate da qualcosa più grande di loro. Il rapporto e il dialogo tra uomo e natura sta per concludersi. Per sempre. La realtà rappresentata sembra non essere più naturale, priva di connotazioni di spazio e di tempo. A enfatizzare una situazione drammatica sono i forti contrasti di chiaro e di scuro, in una luce abbagliante. Evidente è lo smarrimento e la consapevolezza che si tratti degli effetti disastrosi di una natura lungamente aggredita e vessata.

Per mettere riparo a ciò che l’uomo ha innescato con le sue azioni, occorre un cambiamento culturale forte e determinato. Un vero e proprio mutamento di modello per tradurre in realtà ciò su cui tutti (o quasi) sono d’accordo: agire subito per preservare e salvare il pianeta con azioni che con fermezza arrestino, o quanto meno rallentino, l’accelerazione delle conseguenze del cambiamento climatico. Ma siamo ancora in tempo?